Le leggi delle emozioni

Perchè proviamo ciò che proviamo?

Le ricerche psicologiche di Nico Frijda hanno rivelato che le nostre emozioni seguono alcune regole generali, 12 leggi che ne governerebbero il funzionamento.
Anche se, come per ogni legge che si rispetti, esistono delle eccezioni, mi sembrano delle buone linee guida generali, una mappa sulle nostre esperienze emotive di ogni giorno a cui magari non facciamo tanto caso.
gallucci psicologo torino
Dal fumetto "Calvin e Hobbes"
1. SIGNIFICATO SITUAZIONALE
Le prima legge dice che le emozioni derivano dalle situazioni.
Di solito gli stessi tipi di situazione suscitano gli stessi tipi di risposta emotiva: la perdita ci provoca dolore, i guadagni ci rendono felici, le cose spaventose ci fanno paura.
Le emozioni, come l'apprendimento e la memoria, sono stato-dipendente: se dico, ad esempio, 'pomeriggio dell'11 settembre del 2001', ciascuno di noi ricorderà dov'era, con chi era e cosa stava facendo.

2. COINVOLGIMENTO
Proviamo le emozioni quando siamo preoccupati per qualcosa o qualcuno, quando abbiamo un particolare interesse, abbiamo a cuore un’altra persona, noi stessi, un oggetto o una situazione.
Le emozioni nascono sotto la spinta di particolari motivazioni e obiettivi: quando non siamo coinvolti, non sentiamo nessuna emozione.
Se, per esempio, tieni molto a come gli altri ti giudicano per qualcosa, probabilmente te la prenderai molto di più.

3. REALTÀ APPARENTE
Qualsiasi cosa ci sembri reale può suscitare una risposta emotiva, anche se non lo è davvero: se qualcosa non ci sembra reale, è più difficile essere emotivi perchè è il modo in cui interpretiamo una situazione a regolare ciò che proviamo (cfr 11 e 12).
Il motivo per cui alcuni film o libri non ci "prendono" emotivamente è perché, in un certo senso, non ne cogliamo una verità per noi.
È il caso della profezia che si autoavvera: se pensi di stare antipatico a qualcuno, tenderai ad agire male nei suoi confronti, anche se non c'è un fondamento di verità.
Frijda fa un altro esempio: il dolore che sperimentiamo quando ci viene comunicata la morte di una persona è minore rispetto a quello provato quando prediamo il telefono per chiamare quella persona e ci accorgiamo che non c’è più. Lì la consapevolezza di quella perdita diventa davvero reale.

4, 5 e 6. ABITUDINE, CAMBIAMENTO E SENTIMENTO COMPARATIVO
La legge dell’abitudine si riferisce al fatto che nella vita in genere proviamo le stesse emozioni e ci abituiamo alle circostanze (ma cfr le leggi 7 e 8).
Per esempio tendiamo ad arrabbiarci sempre nello stesso modo, o con le stesse persone o situazioni.
In più, le emozioni rispondono molto più ai cambiamenti, specie quelli repentini.
Ciò fa sì che confrontiamo continuamente ciò che ci succede con un nostro sistema di riferimento (ciò a cui siamo abituati, le nostre aspettative), e le nostre emozioni tendono a rispondere più facilmente ai cambiamenti che sono relativi a questo quadro di riferimento.

7. ASIMMETRIA DEL PIACERE
Se le cose vanno male, è difficile sfuggire a emozioni negative come la paura e la tristezza.
Il dolore tende a essere più pesante delle cose piacevoli.
Invece, ahinoi, le emozioni positive svaniscono presto nel tempo.
Non importa quanto siamo innamorati, quanto abbiamo vinto al lotto, quanto ci siamo divertiti con gli amici, le emozioni positive come il piacere scivolano via.
La legge dell'asimmetria ha in realtà un'importante funzione evolutiva: tenere a mente più le emozioni negative che quelle positive è (stato) utile alla nostra sopravvivenza.

8. CONSERVAZIONE DEL MOMENTO EMOZIONALE
Questa legge dice che gli eventi possono conservare il loro potere emozionale nel corso del tempo.
Questo è il motivo per cui eventi che non sono stati rielaborati (ad esempio, essere stati abbandonati da una persona amata), sono difficili da dimenticare e possano conservare il loro potere emozionale anche molto tempo dopo l'accaduto.

9. CHIUSURA
Il modo in cui esprimiamo le nostre emozioni tende ad essere assoluto, prepotentemente chiuso ad altre alternative: è bianco o nero, senza sfumature.
Spesso questa modalità conduce ad agire in modo impulsivo, senza la possibilità di poter mettere in discussione il nostro punto di vista (ma cfr 10, 11 e 12).

10. ATTENZIONE ALLE CONSEGUENZE
In realtà le persone sono portate generalmente a considerare le conseguenze delle loro emozioni e a modulare le loro reazioni.
Un caso classico è la rabbia: può essere molto violenta, ma la maggior parte delle persone non arriva a compiere azioni violente, piuttosto ci si può "sfogare" in modi meno pericolosi e più socialmente accettabili.

11 e 12. CARICO MINORE E GUADAGNO MAGGIORE
Come abbiamo detto l’impatto emotivo di un evento o situazione dipende dalla sua interpretazione.
La legge del carico minore dice che le persone tendono ad utilizzare re-interpretazioni per ridurre le emozioni negative.
Per esempio, possiamo ridurre la paura della crisi economica illudendoci che non ci tocchi.
D'altro canto, è vero anche il contrario: ogni volta che una situazione potrà essere re-interpretata per un guadagno emozionale più positivo, lo sarà.

Le emozioni che sperimentiamo hanno una funzione, servono a qualcosa, perfino quelle negative.
Nel caso di una perdita o di una separazione, la tristezza permette quel raccoglimento, quella centratura interiore necessaria per ripensare ciò che è accaduto.
La rabbia interviene per impedire che la tristezza si trasformi in eccessiva disperazione o depressione.
La paura può spingerci ad essere più attenti.

Le cose si complicano quando c'è di mezzo un "vantaggio secondario", quando cioè chi vive quelle emozioni non si accorge di esprimerle per ottenere qualcosa in cambio (spesso affetto, amore e attenzione).
Ad esempio, il dolore può essere utilizzato per ottenere aiuto, la paura per evitare di esporsi a compiti difficili o alle responsabilità.

Ma questa è un'altra storia...

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