Agire e reagire: la storia del vecchio samurai

gallucci psicologo torino

Molto tempo fa, nei pressi di Tokyo viveva un vecchio e rispettato samurai che aveva vinto molte battaglie. Il suo tempo di guerriero era passato e si dedicava ora ad insegnare ai più giovani, anche se sopravviveva la leggenda secondo la quale fosse tuttora in grado di sconfiggere qualsiasi avversario, non importa quanto forte.


Una sera d’estate, si presentò a casa sua un guerriero noto per la sua arroganza e la poca cavalleria. Era famoso per il suo carattere provocatorio e i pochi scrupoli. La sua strategia era quella di provocare l’avversario fino a quando questo, mosso dalla rabbia, abbassava la guardia e reagiva attaccando alla cieca. Si dice che non fosse mai stato sconfitto. E quel pomeriggio si proponeva di distruggere la leggenda del vecchio samurai per aumentare ulteriormente la sua fama. 

Presto il guerriero cominciò ad insultare il saggio samurai, arrivando a lanciargli pietre e perfino a sputargli in faccia. Così passavano i minuti e le ore, ma il saggio samurai rimaneva impassibile senza sguainare la spada. Giunta la sera, esausto e umiliato, il guerriero si dette per vinto.

I discepoli del samurai, irritati dagli insulti che aveva ricevuto il maestro, non capivano perché il vecchio non si fosse difeso e considerarono il suo atteggiamento come un segno di codardia. Quindi gli chiesero:
– Maestro, come hai potuto sopportare tale indegnità? Perché non hai sguainato la tua spada anche sapendo che stavi per perdere la battaglia piuttosto che agire in un modo così vile?

Il maestro rispose:
– Se qualcuno arriva con un regalo e non lo accettate, a chi appartiene il regalo?

– Alla persona che è venuta a consegnarlo!

– Bene, lo stesso vale per la rabbia, gli insulti e l’invidia… – rispose il samurai – Quando non sono accettate, continuano ad appartenere a chi le ha portate con sé.


Solo una antica storia zen? O è la realtà che spesso viviamo ogni giorno?
Quante volte ci capita di relazionarci con persone che vorrebbero farci "regali indesiderati” e tendono, anche in modo inconsapevole, a scaricare sugli altri i loro pesi, facendoci sentire in colpa, svalutati, scoraggiati?

Fateci caso. Sicuramente a tutti è venuto in mente qualcuno in particolare: un familiare, un collega, un conoscente...
Oppure episodi o situazioni frequenti che vi fanno “scattare” e reagire in modo automatico.

Cosa possiamo fare allora?


Nel momento in cui realizziamo che sono provocazioni, allora possiamo avere la consapevolezza e il potere di accettarli o rifiutarli.

Il primo passo è appunto capire la differenza tra “reagire” e “agire”.
Quando “reagiamo” siamo vittima dell’altro, siamo in realtà in suo potere, diamo all'altro il potere di influenzare le nostre scelte.
Sono quei pochi secondi che arrivano subito dopo l'emozione, quegli attimi in cui non si ha la prontezza di scegliere cosa fare ma non si può tornare indietro.

Quando ci limitiamo alla re-azione, seguiamo la via della soddisfazione immediata del bisogno, dell'impulso di rispondere alla provocazione.

Possiamo invece scegliere l'azione consapevole, la non-reazione attraverso la presenza e l’ascolto attivo.

- Inizia a individuare le situazioni e provocazioni specifiche che ti infastidiscono facendoti "scattare" una reazione immediata: ad esempio sentirti ignorato, non rispettato, svalutato, abbandonato...
- Cerca di risalire alla prima volta che ti sei sentito così: spesso situazioni attuali generano reazioni sproporzionate proprio perché sono associate ad eventi e significati passati non metabolizzati.
- Esercitati a non identificarti con le tue emozioni e sentimenti: tu provi rabbia, ma non sei la tua rabbia.


Se senti di aver bisogno di una consulenza psicologica, chiamami o scrivimi pierluigi.gallucci@gmail.com

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