La fatica di crescere. La favola del salmone con gli occhiali

Tutti i passaggi da una situazione a un'altra comportano spesso una fatica dal punto di vista emotivo e psicologico.

Anche quando passiamo verso qualcosa che abbiamo scelto e che ci piace, ci sarà sempre una tensione del dover affrontare una situazione sconosciuta, nell'abbandonare quello che ci è familiare e noto.

Possiamo pensare a molti momenti della nostra vita: dall'uscita dalla famiglia di origine, al lavoro, al matrimonio, alla nascita del primo figlio, al crescere dei figli, alla morte dei propri genitori...

Per il bambino che cresce, cambiare ed evolvere è una condizione abituale e costante.
La favola che riporto con qualche riflessione (tratta dalla raccolta di racconti della collega Alba Marcoli) rende bene il senso della fatica che fa un bambino nell'abbandonare le sue sicurezze infantili per avviarsi verso l'adolescenza (e l'età adulta).

gallucci psicologo torino

Come liberarsi dalle ansie. L'albero delle preoccupazioni

"Le preoccupazioni consentono alle piccole cose di proiettare delle ombre molto lunghe" (proverbio svedese)

Siamo spesso oppressi da mille preoccupazioni.
Può essere il denaro che sembra non bastare mai, o gli stress sul lavoro, o questioni di cuore con il partner, o molti altri motivi...
Poco importa, ognuno di noi ha la propria “collezione” di piccoli problemi e preoccupazioni.
Non sorprende che alcune persone se le portino persino dietro anche quando sono in vacanza, nel fine settimana, nel tempo libero, senza "staccare" mai.

Come si possono affrontare queste situazioni?
Lascia che ti racconti una storiella letta recentemente.
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Il cuore sta sempre nello stesso posto?

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Una volta un bambino chiese a un adulto: “Ma il cuore sta sempre nello stesso posto oppure, ogni tanto, si sposta? Va a destra e a sinistra?”

Lui rispose: “No, il cuore resta sempre nello stesso posto, a sinistra”

Ma intanto pensava...
“Poi, un giorno, crescerai. Ed allora capirai che il cuore vive in mille posti diversi, senza abitare davvero nessun luogo.

Ti sale in gola, quando sei emozionato.
O precipita nello stomaco, quando hai paura, o sei ferito.
Ci sono volte in cui accelera i suoi battiti, e sembra volerti uscire dal petto.
Altre volte, invece, fa cambio col cervello.

Crescendo, imparerai a prendere il tuo cuore per posarlo in altre mani.
E, il più delle volte, ti tornerà indietro un po’ ammaccato.
Ma tu non preoccupartene. Sarà bello uguale. O, forse, sarà più bello ancora.
Questo però, lo capirai solo dopo molto, molto tempo.

Ci saranno giorni in cui crederai di non averlo più, un cuore. Di averlo perso.
E ti affannerai a cercarlo in un ricordo, in un profumo, nello sguardo di un passante, nelle vecchie tasche di un cappotto malandato.

Poi, ci sarà un altro giorno, un giorno un po’ diverso... quel giorno, capirai che non tutti hanno un cuore”.

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Lutto in famiglia. Cosa fare con i bambini?

"Una cosa bella è una gioia per sempre" (John Keats)

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Se ci sono bambini in famiglia, il lutto non si può negare ma nemmeno deve diventare un pensiero fisso e cupo. Per un bambino anche questo è un momento di crescita, da poter esprimere attraverso le proprie emozioni.

L'opinione comune è che i bambini non debbano venire a contatto con la sofferenza: ecco che allora vengono allontanati, non se ne parla, si evita l'argomento.

Ma se il lutto riguarda una persona molto vicina, di famiglia, non si può fare finta di nulla. Il bambino non può stare da solo a rimuginare sul perchè non vede più quella persona.
E nemmeno gli si può stare vicino fingendo che tutto vada bene, come al solito, come se non fosse successo nulla.
Sarebbe innaturale e forzato, anche per gli stessi adulti costretti a indossare una maschera di finta normalità e felicità.

Anche il bambino prova i suoi momenti di dolore: quando viene sgridato, quando perde o rompe un gioco, quando gli viene negato qualcosa...
Sapere e vedere che anche gli adulti provano dolore lo rende più consapevole, gli fa capire che anche i grandi provano dolore come succede a lui.

Per il bambino è essenziale partecipare ai momenti del lutto della famiglia. Gli permette di capire che il dolore si può esprimere e condividere, come l'allegria, è un sentimento che fa parte della vita.
Condividere le emozioni e confrontarsi, lo fa sentire parte di una famiglia, di una comunità, di un mondo più grande.

Visto che il lutto ci fa sentire più soli che mai, sapere che anche altri provano le nostre stesse sensazioni è un aiuto e un conforto anche per un bambino: è un momento di apprendimento e crescita, su cui il bambino baserà le sue reazioni alle successive perdite che la vita gli riserverà.

Esprimere la sofferenza senza fingere
L'adulto non doverebbe temere di esprimere il proprio dolore.
Il bambino ha già coscienza ed esperienza delle lacrime: è la sua prima reazione istintiva da neonato, è un'emozione che vede nei personaggi dei cartoni animati.
Perciò vedere piangere genitori o parenti non sarà poi così straordinario o traumatico, anzi aiuterà il bambino ad esprimere i propri stati d'animo ed emozioni.

Spiegare senza troppa paura
Non si possono nascondere le cose ai bambini.
Percepiscono lo stato d'animo dei genitori, dei nonni, dei parenti: non si può far finta che non sia successo niente, perchè farebbe nascere in loro domande, dubbi e paure ("Cosa sta succedendo in casa? Perchè sono tutti tristi? Perchè nessuno vuole più giocare?").

Se invece si spiega con calma e tranquillità (ovviamente in base all'età del bambino e al suo rapporto con la persona defunta), la morte non appare più come un mistero che fa piangere le persone in famiglia, ma un sentimento dicibile e pensabile da poter condividere.

Prepararsi alla morte
Nel caso di un lutto dovuto a malattia, quindi prevedibile, è importante preparare il bambino all'evento con gradualità.

Un conto è dire "il nonno non c'è più".
Lo mettiamo di fronte al fatto compiuto, in cui non si può fare nulla per esprimere il proprio affetto, e potrebbe creargli dei sensi di colpa per qualcosa che avrebbe potuto dire o fare con il nonno e che invece non si è potuto realizzare.

Ben diverso è se accompagniamo gradualmente il bambino verso la consapevolezza che "tra un po' il nonno non ci sarà più".
Questa situazione gli permetterà di salutarlo esprimendogli ciò che sente, di stare ancora un po' con lui, di vivere e assorbire sensazioni e ricordi che gli rimarranno nel futuro.

Vivere il momento per ricordare
Per il bambino è importante conservare il ricordo della persona defunta.
Poterla salutare gli permette di costruirsi un'immagine salda, duratura: per questo è importante parlare della persona scomparsa, ricreare il ricordo e mantenerlo vivo.
Questo è proprio il momento di aiutare il bambino a valorizzare le cose belle vissute con quella persona, raccontarle di nuovo, farle rivivere con la memoria, in modo che le possa custodire nella sua vita per sempre.

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Il re dell'ordine


Si racconta che un Re, ossessionato dall'idea di far ordine nel suo regno, fosse riuscito ad organizzare tutto e tutti in maniera che nulla fosse fuori posto.

Le difficoltà che aveva dovuto superare non erano poche, soprattutto per quanto riguardava la destinazione dei suoi sudditi, ma poi, dopo aver riflettuto a lungo, aveva messo i ministri con i ministri, i soldati con i soldati, gli artigiani con gli artigiani, etc…

Questa non era certo la soluzione migliore e il Re soffriva un poco perchè non aveva potuto separare i grassi dai magri, i biondi dai bruni, gli alti dai bassi; i grassi infatti figuravano certo tra i ministri, ma anche tra i soldati, fra gli artigiani e così via.

Fra i tanti problemi che aveva dovuto risolvere solo uno non gli aveva dato alcun fastidio: la divisione degli uomini dalle donne.

Avvenne però che un ministro, attento e scrupoloso, gli disse un giorno che tra fra gli uomini e le donne esistevano alcuni che possedevano un sesso per metà maschile e per metà femminile. La cosa meravigliò il Re che pensò di risolvere la confusione con un editto:
"Tutti coloro che possiedono un sesso per metà maschile e per metà femminile devono lasciare il regno".
E così fu fatto.

Il ministro però gli ricordò che si dovevano considerare anche coloro che, pur essendo donne, avevano desiderato comportarsi da uomini e altri che, pur essendo uomini, avevano desiderato comportarsi da donne e il Re emanò un secondo editto:
"Tutti coloro che, pur essendo donne, hanno desiderato comportarsi da uomini e altri che, pur essendo uomini, hanno desiderato comportarsi da donne, devono lasciare il regno".
E così fu fatto.

Il ministro, che era una persona assai seria e meticolosa, si sentì ancora in dovere di dire al Re dell’esistenza di persone che avevano sognato, desiderato o addirittura amato persone del proprio sesso, per cui, forse, non tutte le donne erano veramente donne e non tutti gli uomini erano veramente uomini. Il Re rimase a lungo pensieroso, ma poi, non potendo tollerare una tale mescolanza, emanò un terzo editto:
"Tutti coloro che hanno sognato, desiderato o addirittura amato persone del proprio sesso, devono lasciare il regno".
E così fu fatto…

Ma purtroppo il Re si accorse ben presto che l’avevano lasciato solo.
Vagò a cavallo per il suo regno senza incontrare uno solo dei suoi sudditi, attraversò, chiamando a gran voce, tutte le stanze del suo castello, ma nessuno rispose, anche la Regina lo aveva abbandonato.
Si ritirò allora nella stanza del trono e cominciò a camminare su e giù, lentamente. Ripensò al suo regno, al suo popolo, alla loro lontananza, alla sua mania di mettere ordine in ogni cosa, alla disperazione della solitudine, alla sua vita passata, ai suoi sogni, alle sue fantasie e…

quasi all'improvviso si accorse che forse… sì… forse una volta sola, o due o tre… sì, certamente, era capitato, anche a lui era capitato e… allora?

Allora anche il Re lasciò il regno.

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