Omofobia

Dopo la derubricazione dell'omosessualità come malattia, il DSM-III (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) del 1974 rimaneva come disturbo psichiatrico la nuova categoria dell'"omosessualità egodistonica", cioè solo la sofferenza rispetto al proprio orientamento sessuale.
Questa categoria clinica è stata poi rimossa nel 1987, quando si comprese che l'egodistonia può far parte del percorso di una persona omosessuale in un contesto stigmatizzante, omonegativo (ed è su questo residuo del paradigma patologico ormai superato che si basano le cosiddette terapie riparative o di conversione).

Le discipline psicologiche hanno cambiato quindi da tempo il loro oggetto d'interesse in questo campo: non ci si chiede più chi sono le persone omosessuali, in cosa si distinguono dagli eterosessuali, la causa del loro diverso orientamento sessuale, quanto invece perchè l'orientamento omosessuale è stigmatizzato, quali sono i meccanismi e le funzioni psicosociali del pregiudizio omofobico, com'è possibile intervenire per contrastare gli stereotipi e prevenire le discriminazioni.

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Il termine
La parola "omofobia" è stata coniata alla fine degli anni '60 dallo psicoanalista George Weinberg. L'idea gli era nata perchè aveva notato che molti psicoanalisti eterosessuali manifestavano, fuori dalla stanza d'analisi, reazioni negative quando si relazionavano con persone omosessuali, come se fosse una fobia appunto.
Da allora questo termine si è diffuso sia nella comunità glbt (gay, lesbica, bisessuale, trans) sia in quella scientifica internazionale.
Il concetto di omofobia ha poi subito successivamente una serie di obiezioni, a partire dal termine stesso che, per traduzione letterale (dal prefisso greco homo, "simile"), significherebbe "paura dei simili". Per questo motivo alcuni studiosi propongono in alternativa il termine "omonegatività".
(Per comodità d'uso continuerò a usare il termine "omofobia" includendo analoghe considerazioni anche per il termine "transfobia").

Ma è soprattutto il suffisso "fobia" ad essere discusso.
Innanzitutto perchè è riduttivo ipotizzare che gli atteggiamenti omofobici si possano collegare direttamente ed esclusivamente alla paura: sono coinvolte anche altre emozioni come il disgusto, la rabbia o l'ansia.

Il termine "fobia" non considera poi altre motivazioni che sostengono gli atteggiamenti antigay, come l'ignoranza sui temi dell'identità sessuale o il fatto di non essere mai entrati in contatto diretto con persone omosessuali (sappiamo infatti che ciò che è sconosciuto può suscitare curiosità, ma anche diffidenza e rifiuto, soprattutto se il contesto sociale circostante gli attribuisce un significato negativo).

Inoltre le manifestazioni omofobiche non hanno le caratteristiche dei sintomi fobici come categoria clinica in senso stretto, e si corre il rischio di patologizzare le persone considerate omofobe (il paradosso che un tempo era l'omosessualità ad essere considerata una malattia, adesso sarebbe l'omofobia...).

Infine le moderne riflessioni della psicologia clinica hanno evidenziato che non c'è niente di irrazionale nelle paure come sembrerebbe ingenuamente, perchè ogni emozione ha un significato proprio e svolge una funzione adattativa in ogni storia individuale.

Il termine "omofobia" appare dunque inadeguato per descrivere un fenomeno psico-sociale complesso che si esprime non solo a livello individuale, ma anche a livello culturale di un contesto che giudica in modo negativo le diversità e le differenze.

A livello individuale va ricordata anche l'omofobia interiorizzata, che nasce dal conflitto interiore tra come si dovrebbe/vorrebbe essere (eterosessuale) e come invece si è (sentire attrazione affettiva e/o sessuale per persone dello stesso sesso, o per entrambi nel caso dei bisessuali).
L'incorporazione per lo più inconsapevole di vissuti negativi rispetto all'omosessualità provoca emozioni di vergogna, colpa, rabbia, paura e disgusto rispetto al sè omosessuale. Può portare a vivere con difficoltà il proprio orientamento sessuale, a contrastarlo, a negarlo.
E l'interiorizzazione dei pregiudizi sociali e delle etichette negative crea una dissonanza cognitiva per cui la persona non riesce a conciliare i suoi desideri affettivi ed erotici con le credenze apprese nel suo contesto sociale (è il caso ad esempio di chi ha valori religiosi in contrasto con l'orientamento non eterosessuale).
Secondo gli studi, l'omofobia interiorizzata è la variabile maggiormente connessa al benessere psicologico delle persone glbt. E il motivo per cui si rivolgono con più frequenza all'aiuto psicologico.

A livello socio-culturale si pone invece l'eterosessismo, che può essere definito come un sistema sociale e culturale in cui l'eterosessualità è assunta come norma, che demarca gli individui e i gruppi sociali secondo il parametro dell'orientamento sessuale.
Si manifesta attraverso la struttura della società, nelle sue pratiche istituzionali, nelle norme legislative e nell'uso del linguaggio.
L'eterosessismo agisce in due processi generali: l'assunzione tacita di eterosessualità (si presume che ogni persona sia eterosessuale) e la problematizzazione degli orientamenti non normativi.
L'assunzione di eterosessualità è motivata in parte da una stima realistica (la stragrande maggioranza delle persone si definisce eterosessuale), in parte dall'invisibilità delle persone glbt che tendono a non dichiararsi.
Tutti noi come individui assorbiamo automaticamente questo sistema di valori e, attraverso atteggiamenti e comportamenti, possiamo rinforzarli o attenuarli.
Le identità, i comportamenti, le relazioni e i gruppi non eterosessuali sono giudicati meno normali, meno sani, meno naturali (un meccanismo analogo a quanto avviene in razzismo, antisemitismo e sessismo).
Nella cultura occidentale le persone omosessuali sono state stigmatizzate come devianti dalla norma, peccaminose, contro natura, malate, tanto esprimere, in diverso modo e grado, ostilità e discriminazione nei loro confronti.

Per approfondire ho scritto anche:

I volti dell'omofobia su come si manifesta a livello individuale, relazionale e socioculturale;

Gli effetti psicosociali dell'omofobia sia sulle persone glbt sia eterosessuali.

Intanto sono a disposizione per domande, suggerimenti e commenti qui sotto.

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2 commenti:

  1. Bellissimo articolo, offre spiegazioni chiare e semplici sia per addetti ai lavori che non :) Splendido!

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    1. Grazie, ne scriverò ancora, quindi continui a seguirmi :)

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