L'albero della vita. Intervista all'autrice Maria Angela Gelati

gallucci psicologo torino

Benvenuta Maria Angela Gelati e grazie per aver accettato l'invito all'intervista.
Per iniziare, si può presentare ai nostri lettori.

Da diversi anni mi occupo - a livello professionale - di tanatologia e degli studi sulla morte (Death Studies).
In particolare dal 2007, anno di istituzione della manifestazione culturale denominata “Il Rumore del Lutto”, seguo le diverse iniziative, che si svolgono ogni anno, nella città di Parma, nei giorni della commemorazione dei defunti.

Di morte si parla spesso troppo poco e male. Da dove arriva il suo interesse per questi temi?
L’interesse per queste tematiche, che hanno trovato una prima considerazione nel periodo adolescenziale, è scaturito soprattutto durante la predisposizione della tesi universitaria nel 1996: l’argomento verteva sull'indagine valutativa di quanto la creazione delle aree cimiteriali di alcuni Comuni, situati lungo il corso del Po, fosse stata condizionata dal fiume stesso.
Da lì è stato naturale affrontare su più livelli il tema della morte, per poter trasmettere in modo ampio l'esperienza che ho acquisito, proponendo idee e progetti per un cambio di mentalità.

Cos'è "Il rumore del lutto"?
Il Rumore del Lutto è un progetto culturale che nasce a Parma nel 2007, da un’idea mia e di Marco Pipitone.
Nell'ambito dello studio della tanatologia, il progetto rappresenta un nuovo spazio di dialogo e riflessione sulla vita e sulla morte, attraverso il colloquio interdisciplinare e trasversale fra differenti ambiti, per analizzare la morte e il morire da più punti di vista.
L’esigenza di trovare, nella città dei vivi, una modalità alternativa per vivere i giorni dedicati alla memoria dei defunti e renderne la ritualità più completa, avvicina i partecipanti per aiutare ed aiutarsi ad affrontare e comprendere il concetto più arduo, controverso e sfuggente di sempre: la morte.

Si occupa di "death education". Si pensa spesso che bambini e ragazzi non siano pronti per questi temi: ma è possibile educare alla morte? Quante volte l'urto del lutto ci coglie impreparati anche da adulti? C'è un'età "giusta" per riflettere sulla morte?
La Death Education, diffusa e affermata nel mondo anglosassone già dagli anni settanta del secolo scorso, è stata recepita nell'ultimo decennio dalla pedagogia italiana, introducendo percorsi formativi per educare alla morte. Percorsi che possono essere affrontati su più livelli, attraverso una serie di attività educative finalizzate a trattare, con metodologie didattiche appropriate, temi ed esperienze relative alla morte che richiedono il coinvolgimento della scuola e della famiglia.
La loro introduzione a scuola, sulla base di programmi e progetti strutturati in base alle facoltà cognitive, alla sensibilità ed al contesto in cui gli studenti vivono, consentono a bambini e adolescenti di intraprendere un percorso per comprendere che cosa significa vivere e soprattutto dover morire.
La Death Education rende possibile la trasformazione dell’emozione legata alla paura in un sentimento di positività e di accoglienza della morte, perché parte della stessa vita.
Proprio per la loro finalità, questi percorsi possono essere rivolti anche agli adulti, per aiutarli ad affrontare il lutto, perché non esiste un’età particolare, anche se contraddistinta dalla maturità o dalla coscienza, per affrontare il dolore legato alla fine della vita.

Ha da poco pubblicato «L’albero della vita», breve fiaba illustrata, leggera come un soffio e preziosa per tutti: non solo per i bambini e gli adolescenti, ma anche per gli adulti.
Come la descriverebbe?

Non è facile descrivere una favola, quando si identifica come uno strumento di sostegno all'esperienza del lutto.
La storia della piccola principessa Isotta, capace di aprirsi alla sorpresa di una vita che mai finisce, superando la tristezza ed il senso di smarrimento per la perdita di una persona cara, è sicuramente un esempio di Death Education per tutti, bambini adolescenti ed adulti.
È una storia che ci rende consapevoli dei nostri limiti ed al contempo evoca il disperato desiderio di trascenderli, donandoci una chiave di lettura per riuscire a sciogliere il dolore del distacco ed a rivelarci la luce che da sempre mostra l’essere oltre l’esistere.

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