Come elaboriamo il lutto

"La morte non ci ruba le persone amate. Al contrario, le conserva e le immortala per noi nei nostri ricordi". Francois Mauriac

gallucci psicologo torino
Tutte le persone prima o poi devono confrontarsi con l'esperienza della perdita di qualcosa di importante: non solo la morte di persone care, ma anche per esempio di una relazione d'amore, d'amicizia, di qualcosa di significativo.

Il sentimento della perdita è universale, non è un qualcosa di opzionale nella nostra vita ma una sua parte integrante, ciò che è in grado di poterle dare un senso e valore: possiamo dire quasi che come l'ombra affianca costantemente il nostro corpo, anche la certezza che prima o poi perderemo qualcosa o qualcuno, ci segue inevitabilmente. “Le perdite sono le ombre di tutti i possessi”.

Ed è questo il paradosso che sta nella perdita: il vuoto che sentiamo tendiamo a conservarlo, perché rimane l'unica cosa in grado di tenerci in legame con la persona morta. Dove c'era quella persona, ora non c'è più nulla, c'è un vuoto che si può decidere di riempire di nuovi significati positivi e costruttivi, oppure renderlo un buco nero di rimpianti e rimorsi, che può prendere il sopravvento sulla nostra vita.

Se la perdita è quindi inevitabile, ciò che può cambiare da persona a persona è piuttosto la percezione che noi abbiamo di essa: diversi possono essere i modi di adattamento all'evento del lutto, differenti i percorsi di reazione alla perdita.
Le reazioni al lutto sono sempre soggettive e personali perchè dipendono da diversi fattori, possono durare un tempo variabile a seconda del tipo di perdita, del legame con il defunto e del modo personale di sentire di chi sopravvive alla morte.

Spesso le persone fuggono dall’elaborazione del lutto per non affrontare il dolore, cercando di evitarlo o seppellirlo. Alcuni decidono di immergersi nel lavoro per cercare di dimenticare, altri si buttano sul cibo, droghe o alcool; altri all'opposto fermano il tempo e santificano il defunto.

In realtà l’elaborazione del lutto è necessaria per l’equilibrio e la salute di ogni persona, è fondamentale immergersi nel dolore e uscirne gradualmente, meglio se in compagnia di qualcuno che possa testimoniare questo percorso e aiutarci in caso di bisogno.
Elaborare il proprio lutto necessita tempo ed energia, e quando è necessario, un professionista competente. Non si possono imporre regole, tempi o metodi standard.
E’ difficile che si possa elaborare il lutto da soli, perché per esprimere tutte le proprie emozioni si ha bisogno di qualcuno, di essere ascoltati, compresi, accompagnati con empatia da una persona o gruppo che facciano da “contenitore”.

Ispirandoci al lavoro della fondatrice della psicotanatologia, Elisabeth Kubler-Ross, sappiamo che elaborare il dolore che provoca un lutto implica il passaggio di alcune fasi che non necessariamente si succedono una all’altra, ma possono anche alternarsi, presentarsi più volte nel tempo, con diversa intensità, e senza un preciso ordine, dato che le emozioni non seguono regole particolari.

  • Shock e rifiuto (“Non è possibile, non ora… non io ... non questo…”): si tratta di un meccanismo di difesa psicologica temporanea che ci permette di attenuare l’intensa fase iniziale del dolore.
  • Rabbia e ribellione (“Perché proprio a me?”): quando gli effetti mascheranti della negazione della realtà e dell'isolamento iniziano a svanire, la realtà e il dolore ricompaiono, ma non si è ancora pronti. L'emozione intensa è deviata dall’oggetto del dolore e si esprime come sentimento di rabbia che può esplodere in tutte le direzioni, verso familiari, medici, Dio, verso il morto stesso. A ciò si può aggiungere il senso di colpa e le auto-recriminazioni su cosa si sarebbe potuto fare per evitare o ritardare il lutto.
  • Depressione e tristezza (“Cosa sarà il mio futuro senza di lui?”): ha durata variabile e le manifestazioni più tipiche sono umore depresso, sentimenti di tristezza, inappetenza, crisi di pianto, agitazione e scarsa concentrazione.
  • Accettazione (“è dura ma devo continuare a vivere meglio che posso”): dopo che i sintomi depressivi regrediscono, la persona tenta di tornare alla normalità, è il momento in cui si ricompongono i pezzi: non si nega più la realtà, la si accetta. La vita non sarà mai più come prima. Il ritorno alla vita quotidiana diventa possibile con l’accettazione della ripresa del proprio ruolo e l’assunzione degli obblighi familiari, sociali e professionali. L’immagine onnipresente della persona morta diminuisce, si integra con armonia alla ricerca di un nuovo senso e una pace ritrovata. Secondo i valori e i bisogni di ciascuno, diventano possibili nuove relazioni affettive, oppure la ricerca di una nuova dimensione della vita, trasformando quello che è un vincolo doloroso in una opportunità di crescita e maturazione personale.
E voi vi riconoscete in questa descrizione dell'elaborazione del lutto? Quali sono i vissuti psicologici nel percorso per la morte di una persona cara nella vostra esperienza?

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