La mia vita (di Oliver Sacks)

Oliver Sacks, 81enne neurologo britannico, è conosciuto in tutto il mondo come autore di numerosi libri in cui ha raccontato la sua esperienza medica con pazienti affetti da danni neurologici.
Citiamo per esempio “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” oppure Risvegli, in cui raccontava di alcuni pazienti affetti da encefalite letargica che brevemente erano usciti dal loro stato catatonico (nel 1990 uscì anche il film omonimo con Robin Williams e Robert De Niro).
Sacks ha recentemente scoperto di avere un tumore in fase terminale e ha scritto una lettera aperta pubblicata sul New York Times. La mia traduzione del testo integrale.
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Un mese fa mi sentivo in buona salute, persino robusta. A 81 anni nuoto ancora un miglio al giorno. 
Ma la mia fortuna è finita: poche settimane fa ho appreso che ho metastasi multiple al fegato. Nove anni fa mi è stato scoperto un raro tumore all'occhio, un melanoma oculare. Anche se radiazioni e laser per eliminarlo alla fine mi hanno reso cieco da quell'occhio, solo in rari casi questo tipo di tumore dà origine a metastasi. Io sono in quel 2% sfortunato. 
Mi sento grato che mi siano stati concessi nove anni di buona salute e produttività dalla diagnosi iniziale, ma ora sono faccia a faccia con la morte. Il cancro occupa un terzo del mio fegato, e anche se la sua avanzata potrebbe essere rallentata, questo particolare tipo di cancro non può essere fermato. 
Ora spetta a me scegliere come vivere i mesi che mi rimangono. Devo viverli nel modo più ricco, profondo, produttivo che posso. In questo sono incoraggiato dalle parole di uno dei miei filosofi preferiti, David Hume che, una volta scoperto di avere una malattia mortale all'età di 65 anni, scrisse una breve autobiografia in un solo giorno nell'aprile del 1776, dal titolo "La mia vita". 
Ha scritto: "Ora conto su una rapida dissoluzione, ho sofferto molto poco a causa della mia malattia, e cosa ancora più strana, nonostante il decadimento del mio corpo, non ho mai sofferto un momento di sconforto nel mio animo. Mantengo la stessa passione di sempre nello studio, la stessa allegria in compagnia". 
Sono stato abbastanza fortunato di vivere fino a 80 anni, e i 15 anni concessi in più di Hume sono stati ugualmente ricchi di lavoro e amore. In questi anni ho pubblicato 5 libri e concluso la mia autobiografia (in realtà più lunga delle poche pagine di Hume) che sarà pubblicata in primavera; e ho molti altri libri quasi finiti. 
Continua Hume: "Sono un uomo mite, di buon temperamento, allegro e aperto, capace di attaccamento, ma un po' suscettibile alle inimicizie, e con una grande moderazione in tutte le mie passioni".
Una frase poi del libro di Hume trovo molto vera: "é difficile essere più distaccato dalla vita come sono io in questo momento". 
Negli ultimi giorni, ho potuto vedere la mia vita come da una grande altezza, come una sorta di paesaggio, e con un profondo senso di connessione di tutte le sue parti. Questo non significa che mi sento finito.
Al contrario, mi sento intensamente vivo, voglio e spero nel tempo che mi rimane, di riuscire ad approfondire le mie amicizie, di poter dire addio alle persone che amo, di scrivere di più, di viaggiare se ne avrò la forza, di raggiungere nuovi livelli di comprensione e intuizione. 
Questo implicherà coraggio e parlar chiaro, cercare di mettere a posto i miei conti con il mondo. Ma ci sarà anche tempo per un po' di divertimento (e anche per qualche sciocchezza). 
Sento di avere all'improvviso un focus e una prospettiva chiara. Non ho più tempo per ciò che non è essenziale. Devo focalizzarmi su me stesso, il mio lavoro, i miei amici. Non guarderò più ogni sera "NewsHour" [programma televisivo della PBS, ndt]. Non seguirò più la politica o il dibattito sul riscaldamento globale. 
Non è indifferenza, ma distacco. Mi stanno ancora a cuore la questione del Medioriente, il riscaldamento globale, le diseguaglianze crescenti, ma non sono più affar mio, appartengono al futuro. Sono contento quando incontro giovani di talento, perfino quello che mi ha fatto la biopsia e mi ha diagnosticato le metastasi. Sento che il futuro è in buone mani. 
Sono stato sempre più consapevole, negli ultimi 10 anni, delle morti tra i miei coetanei. La mia generazione ormai sta per finire, e ho sentito ogni morte come un'amputazione, come se portassero via una parte di me. 
Non ci sarà nessun altro come noi quando ce ne saremo andati, non ci sarà nessuno come nessun altro, mai. Quando le persone muoiono, non possono essere sostituite, lasciano un vuoto che non può essere riempito, è il destino (genetico e neurologico) di ogni essere umano: essere un individuo unico, trovare la sua strada, vivere la sua vita, morire della sua morte. 
Non posso far finta di non avere paura, ma il sentimento predominante in me è la gratitudine. Ho amato e sono stato amato; mi è stato dato molto, e ho dato qualcosa in cambio; ho letto, viaggiato, pensato, scritto. Ho avuto una relazione intensa con il mondo, la relazione speciale tra scrittori e lettori. 
Ma sopra ogni altra cosa, sono stato un essere senziente, un animale pensante su questo splendido pianeta: e questo è stato un enorme privilegio e una grande avventura.

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