Bulli e pupe. Conoscere e combattere il bullismo omofobico

Ripropongo qui un estratto (a cui aggiungo link e libri di approfondimento) del mio intervento al dibattito "Ma di che gender stiamo parlando" organizzato a Torino il 22 ottobre 2015 da Altrapsicologia, con il patrocinio dell'Ordine degli Psicologi del Piemonte, della Città di Torino e la partecipazione di molte altre associazioni.
Slide gratuite e scaricabili qui

gallucci psicologo torino
Tratto dal film "Billy Elliot" (2000)
Partiamo da una definizione di bullismo in generale, cioè l'insieme dei comportamenti aggressivi messi in atto per avere potere su una persona, quando per esempio un ragazzo/a subisce prepotenze da un altro ragazzo/a o più spesso da un gruppo di ragazzi/e.
Le azioni prevaricanti vengono agite su persone ritenute più deboli a causa di caratteristiche fisiche e psicologiche e incapaci di difendersi, che rischiano così una condizione di sofferenza psicologica, isolamento ed emarginazione.

Il bullismo è quindi un fenomeno squisitamente psicosociale e rappresenta un segnale di disagio non solo per la vittima (che subisce e viene perseguitata), ma anche per il bullo (che aggredisce), un modo spaventato e infelice di affermare la propria presunta e rassicurante normalità.
Il bullismo è una questione relazionale che tiene conto dei comportamenti disfunzionali e delle difficoltà psicologiche di entrambi i soggetti in relazione in un determinato contesto.
Come se fosse un copione con dei ruoli rigidi: l'aggressore, la vittima, lo spettatore (che può intervenire o più spesso assiste in silenzio).

Dan Olweus fu lo psicologo norvegese che primo negli anni '70 definì le 3 condizioni essenziali del bullismo:
1) Intenzionalità dell'azione: quando il ragazzo, la ragazza o il gruppo di ragazzi hanno la volontà di creare un danno.
2) Sistematicità: quando le prepotenze durano nel tempo in maniera continua (settimane, mesi, addirittura anni) e vedono coinvolte sempre le stesse persone.
3) Asimmetria relazionale: quando la prepotenza avviene all'interno di una situazione con una forte disuguaglianza di potere (es. differenza di forza fisica, differenza d'età, controllo della situazione...).

Date queste caratteristiche, possiamo distinguere anche alcune situazioni che non sono bullismo:
- Scherzo: c'è una simmetria relazionale tra i partecipanti e la volontà di entrambi di divertirsi, giocare, mostrare affetto. Spesso quando si parla di bullismo c'è invece la tendenza a giustificarsi dicendo che "Si tratta solo di un gioco, di uno scherzo"
- Litigio: è limitato ad una situazione specifica (anche violenta) e limitata, dove non c'è uno squilibrio di forze evidente tra i partecipanti
- Vandalismo: si rivolge non alle persone, ma alle cose, e si configura più come un reato.

Le manifestazioni del bullismo possono essere di vario tipo:
Fisico: colpi, calci, spintoni, sputi, molestie sessuali;
Verbale: prese in giro, insulti, parolacce, minacce, comprese le scritte sui muri o nei bagni;
Psicologico (più indiretto, ma non meno pericoloso): ignorare o escludere dal gruppo, isolare, mette in giro false voci, pettegolezzi e calunnie sul conto di un altro;
Cyberbullismo: messaggi molesti tramite email, sms, chat, social di vario tipo o fotografie/filmati fatti di nascosto e diffusi online (più frequente nelle scuole medie e superiori).

FOCUS SUL BULLISMO OMOFOBICO
Una definizione di bullismo omofobico
"L'insieme di quei comportamenti violenti a causa dei quali un alunno o un'alunna viene esposto ripetutamente ad esclusione, isolamento, minaccia, insulti e aggressioni da parte del gruppo dei pari, di una o più persone che stanno nel suo ambiente più vicino, in una relazione asimmetrica di potere, dove gli aggressori o "bulli" si servono dell'omofobia, del sessismo, e dei valori associati all'eterosessismo. La vittima sarà squalificata e de-umanizzata, e in generale, non potrà uscir fuori da sola da questa situazione, in cui possono trovarsi tanto i giovani gay, lesbiche, transessuali o bisessuali, ma anche qualunque persona che sia recepita o rappresentata fuori dai modelli di genere normativi" (Platero e Gomes, 2007).

Il bullismo omofobico ha quindi un aspetto specifico legato al genere e si radica negli stessi stereotipi e pregiudizi che motivano le discriminazioni contro le donne.
Il bullismo di matrice omofobica è rivolto a quei compagni, di sesso maschile o femminile, che sono percepiti come devianti in termini di:
- identità di genere (sentirsi di appartenere al genere maschile o femminile)
- ruolo di genere (avere per esempio comportamenti, preferenze tipicamente femminili o maschili secondo le aspettative sociali e culturali di una data società)
- orientamento sessuale (avere preferenze affettive e sessuali per persone dell’altro sesso, dello stesso sesso o di entrambi).
(Sui termini e le componenti dell'identità sessuale ho già scritto qui).

I bersagli del bullismo omofobico non si limitano quindi a ragazzi/e con orientamenti non eterosessuali, ma, essendo una questione che coinvolge il genere, va oltre: è l'effetto del contagio dello stigma.
Le persone oggetto del bullismo a sfondo omofobico possono essere infatti:
- adolescenti che apertamente si definiscono glbt o che si stanno interrogando sulla propria identità sessuale
- adolescenti che "sembrano" omosessuali sulla base di una percezione stereotipica (es. ragazze dai capelli corti, ragazzi percepiti come atipici o effeminati, chi ha preferenze "fuori dagli schemi" come la danza per gli uomini e il calcio per le donne)
- adolescenti che hanno fratelli, sorelle o genitori omosessuali; che frequentano amici apertamente omosessuali; che hanno idee apertamente favorevoli alla difesa dei diritti glbt.

Il fantasma del “finocchio”: il linguaggio offensivo tra ragazzi (e tra adulti)
Come hanno mostrato diverse ricerche, anche gli insulti omofobici hanno un uso squisitamente di genere.
Il termine dispregiativo “frocio” ad esempio è rivolto esclusivamente ai maschi (e non esiste in versione femminile), e non solo perché sembrano effemminati, ma anche, per esempio, se sono timidi o sbagliano un rigore.
Per le ragazze invece l’insulto più diffuso è “puttana” (che non ha un equivalente maschile) e si riferisce più a un comportamento che a un modo di essere o una predisposizione come l'orientamento sessuale.
Bambini e adolescenti dimostrano così di conoscere e assorbire già prematuramente gli imperativi culturali impliciti dominanti della società in cui crescono: per le donne la trasgressione peggiore sarebbe quella di non controllare la propria sessualità, per gli uomini farla uscire dallo schema del ruolo attivo e dominante.

Le prepotenze di tipo omofobico chiamano sempre in causa non ciò che si fa, ma ciò che si è, una dimensione profonda del Sé psicologico e sessuale.

Ecco perchè chi ne è vittima può incontrare particolari difficoltà a chiedere aiuto agli adulti e al gruppo dei pari: teme di richiamare l'attenzione sulla propria sessualità, con i relativi vissuti di ansia e vergogna, e la paura di deludere le aspettative dei genitori.
In più, gli stessi adulti possono avere pregiudizi omonegativi, da cui reazioni che portano a sottostimare o negare gli eventi; preoccupazione per l'"anormalità" del bambino, con relativi propositi di "cura"; atteggiamenti espulsivi che si aggiungono alle dinamiche persecutorie.

Quali sono gli effetti psicosociali del bullismo omofobico?
I risultati delle ricerche confermano che episodi di bullismo omofobico tendono a causare danni allo sviluppo e al benessere sia a livello fisico sia a livello psicologico, anche gravi e a lungo termine (Birkett et al, 2009; Poteat, Espelage, 2007; Rivers, 2004; Robinson, Espelage, 2012).

Troppo spesso, infatti, si tende a pensare che aggressioni verbali o fisiche facciano parte della quotidianità di ogni adolescente, episodi che vengono considerati "solo ragazzate".

Se i danni a livello fisico tendono il più delle volte a rimarginarsi col tempo, lo stesso non si può dire per le ferite psicologiche che possono trasformarsi in veri e propri disturbi.
Ne cito alcuni:
-acuirsi dell'omofobia interiorizzata: la normalizzazione dell'omofobia provoca un'interiorizzazione negativa della propria identità
-sensi di colpa e vergogna: la vittima tende a cercare una propria responsabilità sia nei comportamenti (credendo di aver agito male), sia a livello disposizionale (considerandosi, ad esempio, “sbagliato” o malato)
-sentimento di solitudine e isolamento (l'effetto 'vita parallela' che rinforza il sentimento di inautenticità: una vita nascosta percepita come inaccettabile e una vita pubblica costruita su un’immagine falsa di sé)
-crollo dell'autostima, senso di impotenza, depressione, aumento del rischio di suicidio
-preoccupazioni elevate che non si limitano al contesto scolastico, stato di allerta continuo, minority stress
-diminuzione del rendimento e rischio di abbandono scolastico.

LINEE GUIDA PER CONTRASTARE E PREVENIRE IL BULLISMO OMOFOBICO

1. Creare consapevolezza e fare informazione chiara e corretta
Il bullismo, l’emarginazione, la discriminazione, il drammatico senso di solitudine che può provare un adolescente perché glbt, esistono, sono trasversali e coinvolgono anche gli adulti.
Far conoscere i risultati delle ricerche sulle conseguenze del bullismo omofobico, gli effetti sul benessere individuale e i costi (anche economici) che ricadono su tutta la collettività è importante.

2. Contrastare la negazione, la minimizzazione, l'indifferenza
Se si è testimoni di una situazione di bullismo non dobbiamo far finta di niente, ma dare ascolto e supporto alla vittima in quanto rete di adulti responsabili: insegnanti, genitori, psicologi scolastici, educatori, volontari, associazioni...
C'è un legame pericoloso tra il silenzio degli adolescenti glbt e quello degli adulti. Il silenzio degli adulti, frutto di disagio o di pregiudizio, lungi dall'essere neutrale, può essere vissuto come un invito a nascondersi e occultare i propri sentimenti e le proprie emozioni, ciò che si prova.

3. Dare voce al silenzio, dare un volto alle omosessualità
Per disinnescare il bullismo omofobico è importante favorire la visibilità e l’incontro con persone glbt, perché il contatto diretto favorisce il rispetto della “normalità” di essere ciò che si è.
Perché è conoscendo le persone e non le categorie che si mettono in discussione stereotipi e pregiudizi.

4. Costruire a scuola la cultura del rispetto e l'educazione alle differenze
Fare formazione agli insegnanti e al personale scolastico è fondamentale.
Ma è importante anche sensibilizzare e coinvolgere i genitori in percorsi di educazione al rispetto delle differenze, sulla consapevolezza di sé, affettiva e sessuale.
Scuola e famiglia possono fare molto per promuovere una cultura che consideri le differenze come una ricchezza e che educhi all'accettazione e alla consapevolezza dell'altro.

Dobbiamo prima di tutto noi adulti combattere i nostri pregiudizi, soprattutto quelli che non ci accorgiamo di avere.

Per concludere...
Il problema non è dunque l'omosessualità, ma l'omofobia.
Ribaltando i termini della questione, la domanda non deve più essere “Perché sono omosessuale?” ma “Perché sei omofobo?

Link per approfondire:
Omofobia
I volti dell'omofobia
Gli effetti dell'omofobia
Su adolescenza e omosessualità
Sulla fantomatica "ideologia gender"

Breve bibliografia sul tema del bullismo omofobico:
Prati G., Pietrantoni L., Buccoliero L., Maggi M., Il bullismo omofobico. Manuale teorico-pratico per insegnanti e operatori, Franco Angeli (2010)
Burgio G., Adolescenza e violenza. Il bullismo omofobico come formazione alla maschilità, Mimesis (2012)
Gusmano B.; Mangarella T., Di che genere sei? Prevenire il bullismo sessista e omotransfobico, La meridiana (2014)
Dettore D.; Antonelli P.; Ristori J., Il bullismo omofobico a scuola. Strategie di analisi e intervento basate sugli stereotipi e i ruoli di genere, Alpes (2014)
Accolla D., Omofobia, bullismo e linguaggio giovanile, Villaggio Maori (2015)
Mauceri S., Omofobia come costruzione sociale. Processi generativi del pregiudizio in età adolescenziale, Franco Angeli (2015) 
Rivers I., Bullismo omofobico, conoscerlo per combatterlo, Il saggiatore (2015)

Se ti è piaciuto questo post e vuoi essere sempre aggiornato su argomenti che esplorano il benessere psicologico ed emotivo, puoi seguirmi sulla mia Pagina Facebook oppure scrivermi una email a pierluigi.gallucci@gmail.com

Nessun commento:

Posta un commento