La fatica di crescere. La favola del salmone con gli occhiali

Tutti i passaggi da una situazione a un'altra comportano spesso una fatica dal punto di vista emotivo e psicologico.

Anche quando passiamo verso qualcosa che abbiamo scelto e che ci piace, ci sarà sempre una tensione del dover affrontare una situazione sconosciuta, nell'abbandonare quello che ci è familiare e noto.

Possiamo pensare a molti momenti della nostra vita: dall'uscita dalla famiglia di origine, al lavoro, al matrimonio, alla nascita del primo figlio, al crescere dei figli, alla morte dei propri genitori...

Per il bambino che cresce, cambiare ed evolvere è una condizione abituale e costante.
La favola che riporto con qualche riflessione (tratta dalla raccolta di racconti della collega Alba Marcoli) rende bene il senso della fatica che fa un bambino nell'abbandonare le sue sicurezze infantili per avviarsi verso l'adolescenza (e l'età adulta).

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Come liberarsi dalle ansie. L'albero delle preoccupazioni

"Le preoccupazioni consentono alle piccole cose di proiettare delle ombre molto lunghe" (proverbio svedese)

Siamo spesso oppressi da mille preoccupazioni.
Può essere il denaro che sembra non bastare mai, o gli stress sul lavoro, o questioni di cuore con il partner, o molti altri motivi...
Poco importa, ognuno di noi ha la propria “collezione” di piccoli problemi e preoccupazioni.
Non sorprende che alcune persone se le portino persino dietro anche quando sono in vacanza, nel fine settimana, nel tempo libero, senza "staccare" mai.

Come si possono affrontare queste situazioni?
Lascia che ti racconti una storiella letta recentemente.
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Il cuore sta sempre nello stesso posto?

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Una volta un bambino chiese a un adulto: “Ma il cuore sta sempre nello stesso posto oppure, ogni tanto, si sposta? Va a destra e a sinistra?”

Lui rispose: “No, il cuore resta sempre nello stesso posto, a sinistra”

Ma intanto pensava...
“Poi, un giorno, crescerai. Ed allora capirai che il cuore vive in mille posti diversi, senza abitare davvero nessun luogo.

Ti sale in gola, quando sei emozionato.
O precipita nello stomaco, quando hai paura, o sei ferito.
Ci sono volte in cui accelera i suoi battiti, e sembra volerti uscire dal petto.
Altre volte, invece, fa cambio col cervello.

Crescendo, imparerai a prendere il tuo cuore per posarlo in altre mani.
E, il più delle volte, ti tornerà indietro un po’ ammaccato.
Ma tu non preoccupartene. Sarà bello uguale. O, forse, sarà più bello ancora.
Questo però, lo capirai solo dopo molto, molto tempo.

Ci saranno giorni in cui crederai di non averlo più, un cuore. Di averlo perso.
E ti affannerai a cercarlo in un ricordo, in un profumo, nello sguardo di un passante, nelle vecchie tasche di un cappotto malandato.

Poi, ci sarà un altro giorno, un giorno un po’ diverso... quel giorno, capirai che non tutti hanno un cuore”.

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Lutto in famiglia. Cosa fare con i bambini?

"Una cosa bella è una gioia per sempre" (John Keats)

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Se ci sono bambini in famiglia, il lutto non si può negare ma nemmeno deve diventare un pensiero fisso e cupo. Per un bambino anche questo è un momento di crescita, da poter esprimere attraverso le proprie emozioni.

L'opinione comune è che i bambini non debbano venire a contatto con la sofferenza: ecco che allora vengono allontanati, non se ne parla, si evita l'argomento.

Ma se il lutto riguarda una persona molto vicina, di famiglia, non si può fare finta di nulla. Il bambino non può stare da solo a rimuginare sul perchè non vede più quella persona.
E nemmeno gli si può stare vicino fingendo che tutto vada bene, come al solito, come se non fosse successo nulla.
Sarebbe innaturale e forzato, anche per gli stessi adulti costretti a indossare una maschera di finta normalità e felicità.

Anche il bambino prova i suoi momenti di dolore: quando viene sgridato, quando perde o rompe un gioco, quando gli viene negato qualcosa...
Sapere e vedere che anche gli adulti provano dolore lo rende più consapevole, gli fa capire che anche i grandi provano dolore come succede a lui.

Per il bambino è essenziale partecipare ai momenti del lutto della famiglia. Gli permette di capire che il dolore si può esprimere e condividere, come l'allegria, è un sentimento che fa parte della vita.
Condividere le emozioni e confrontarsi, lo fa sentire parte di una famiglia, di una comunità, di un mondo più grande.

Visto che il lutto ci fa sentire più soli che mai, sapere che anche altri provano le nostre stesse sensazioni è un aiuto e un conforto anche per un bambino: è un momento di apprendimento e crescita, su cui il bambino baserà le sue reazioni alle successive perdite che la vita gli riserverà.

Esprimere la sofferenza senza fingere
L'adulto non doverebbe temere di esprimere il proprio dolore.
Il bambino ha già coscienza ed esperienza delle lacrime: è la sua prima reazione istintiva da neonato, è un'emozione che vede nei personaggi dei cartoni animati.
Perciò vedere piangere genitori o parenti non sarà poi così straordinario o traumatico, anzi aiuterà il bambino ad esprimere i propri stati d'animo ed emozioni.

Spiegare senza troppa paura
Non si possono nascondere le cose ai bambini.
Percepiscono lo stato d'animo dei genitori, dei nonni, dei parenti: non si può far finta che non sia successo niente, perchè farebbe nascere in loro domande, dubbi e paure ("Cosa sta succedendo in casa? Perchè sono tutti tristi? Perchè nessuno vuole più giocare?").

Se invece si spiega con calma e tranquillità (ovviamente in base all'età del bambino e al suo rapporto con la persona defunta), la morte non appare più come un mistero che fa piangere le persone in famiglia, ma un sentimento dicibile e pensabile da poter condividere.

Prepararsi alla morte
Nel caso di un lutto dovuto a malattia, quindi prevedibile, è importante preparare il bambino all'evento con gradualità.

Un conto è dire "il nonno non c'è più".
Lo mettiamo di fronte al fatto compiuto, in cui non si può fare nulla per esprimere il proprio affetto, e potrebbe creargli dei sensi di colpa per qualcosa che avrebbe potuto dire o fare con il nonno e che invece non si è potuto realizzare.

Ben diverso è se accompagniamo gradualmente il bambino verso la consapevolezza che "tra un po' il nonno non ci sarà più".
Questa situazione gli permetterà di salutarlo esprimendogli ciò che sente, di stare ancora un po' con lui, di vivere e assorbire sensazioni e ricordi che gli rimarranno nel futuro.

Vivere il momento per ricordare
Per il bambino è importante conservare il ricordo della persona defunta.
Poterla salutare gli permette di costruirsi un'immagine salda, duratura: per questo è importante parlare della persona scomparsa, ricreare il ricordo e mantenerlo vivo.
Questo è proprio il momento di aiutare il bambino a valorizzare le cose belle vissute con quella persona, raccontarle di nuovo, farle rivivere con la memoria, in modo che le possa custodire nella sua vita per sempre.

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Il re dell'ordine


Si racconta che un Re, ossessionato dall'idea di far ordine nel suo regno, fosse riuscito ad organizzare tutto e tutti in maniera che nulla fosse fuori posto.

Le difficoltà che aveva dovuto superare non erano poche, soprattutto per quanto riguardava la destinazione dei suoi sudditi, ma poi, dopo aver riflettuto a lungo, aveva messo i ministri con i ministri, i soldati con i soldati, gli artigiani con gli artigiani, etc…

Questa non era certo la soluzione migliore e il Re soffriva un poco perchè non aveva potuto separare i grassi dai magri, i biondi dai bruni, gli alti dai bassi; i grassi infatti figuravano certo tra i ministri, ma anche tra i soldati, fra gli artigiani e così via.

Fra i tanti problemi che aveva dovuto risolvere solo uno non gli aveva dato alcun fastidio: la divisione degli uomini dalle donne.

Avvenne però che un ministro, attento e scrupoloso, gli disse un giorno che tra fra gli uomini e le donne esistevano alcuni che possedevano un sesso per metà maschile e per metà femminile. La cosa meravigliò il Re che pensò di risolvere la confusione con un editto:
"Tutti coloro che possiedono un sesso per metà maschile e per metà femminile devono lasciare il regno".
E così fu fatto.

Il ministro però gli ricordò che si dovevano considerare anche coloro che, pur essendo donne, avevano desiderato comportarsi da uomini e altri che, pur essendo uomini, avevano desiderato comportarsi da donne e il Re emanò un secondo editto:
"Tutti coloro che, pur essendo donne, hanno desiderato comportarsi da uomini e altri che, pur essendo uomini, hanno desiderato comportarsi da donne, devono lasciare il regno".
E così fu fatto.

Il ministro, che era una persona assai seria e meticolosa, si sentì ancora in dovere di dire al Re dell’esistenza di persone che avevano sognato, desiderato o addirittura amato persone del proprio sesso, per cui, forse, non tutte le donne erano veramente donne e non tutti gli uomini erano veramente uomini. Il Re rimase a lungo pensieroso, ma poi, non potendo tollerare una tale mescolanza, emanò un terzo editto:
"Tutti coloro che hanno sognato, desiderato o addirittura amato persone del proprio sesso, devono lasciare il regno".
E così fu fatto…

Ma purtroppo il Re si accorse ben presto che l’avevano lasciato solo.
Vagò a cavallo per il suo regno senza incontrare uno solo dei suoi sudditi, attraversò, chiamando a gran voce, tutte le stanze del suo castello, ma nessuno rispose, anche la Regina lo aveva abbandonato.
Si ritirò allora nella stanza del trono e cominciò a camminare su e giù, lentamente. Ripensò al suo regno, al suo popolo, alla loro lontananza, alla sua mania di mettere ordine in ogni cosa, alla disperazione della solitudine, alla sua vita passata, ai suoi sogni, alle sue fantasie e…

quasi all'improvviso si accorse che forse… sì… forse una volta sola, o due o tre… sì, certamente, era capitato, anche a lui era capitato e… allora?

Allora anche il Re lasciò il regno.

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Laboratorio dei ricordi

Video finale di ringraziamento per il 'Laboratorio dei ricordi' che abbiamo condotto attraverso le fotografie e le storie di un gruppo di anziani a Torino con l'associazione Pens@te


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La difficile arte del perdono

Anche se dal punto di vista etico o religioso tutti possono essere d’accordo in principio sul perdono, non tutti sono predisposti a metterlo in pratica: quando subiamo un’offesa, un torto o un tradimento proviamo immediatamente emozioni negative di rabbia e risentimento e la reazione più frequente è di tipo aggressivo, etero o auto-diretta.
L’aggressività nei confronti dell’offensore si esprime nel desiderio di vendetta.
Nei comportamenti autoaggressivi ci si può invece punire per esempio per non aver saputo prevedere i comportamenti dell’altro: si può provare vergogna (specialmente se il torto è di dominio pubblico) e la delusione è più forte quando c’è un legame profondo di affetto o di amore.

A un’analisi approfondita però, sappiamo che il desiderio di vendetta, anche se è una reazione naturale e istintiva, non porta ad un effettivo risarcimento dal torto subito: contrariamente a quanto si pensa, la vendetta non aiuta ad alleviare il dolore provato nell'aver subito un’ingiustizia in quanto la vittima rimane focalizzata sull'accaduto, rimugina continuamente su come "farla pagare", alimentando ulteriormente un circolo vizioso senza fine di emozioni negative.

Un modo per uscirne dunque potrebbe essere il perdono.

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Bulli e pupe. Conoscere e combattere il bullismo omofobico

Ripropongo qui un estratto (a cui aggiungo link e libri di approfondimento) del mio intervento al dibattito "Ma di che gender stiamo parlando" organizzato a Torino il 22 ottobre 2015 da Altrapsicologia, con il patrocinio dell'Ordine degli Psicologi del Piemonte, della Città di Torino e la partecipazione di molte altre associazioni.
Slide gratuite e scaricabili qui

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Tratto dal film "Billy Elliot" (2000)

Come evitare le delusioni

Quante volte capita di essere delusi?
Da una persona, da una situazione, da qualcosa ...
Può succedere una volta singola, oppure più volte in modo ripetuto, come se fosse un copione.

Il meccanismo psicologico della delusione si genera spesso da una illusione di partenza, quella dell'aspettativa.

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Guardare fuori, guardarsi dentro. Riflessioni su fotografia e psicologia

"Fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere" (Henri Cartier-Bresson)

Qualche tempo fa ho avuto il piacere di conoscere Davide Pellegrino, un fotografo che mi ha contattato per un documentario.
Da quell'incontro sono nate alcune riflessioni sul significato psicologico della fotografia e del fotografare, che condivido in questo post.

Perché quindi fotografiamo? Cosa ci spinge a conservare le fotografie nei nostri album reali o virtuali? Qual è il senso e i meccanismi psicologici del fare (e vedere) una fotografia?

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Rabbia: 5 cose da sapere

"Tenersi dentro la rabbia è come bere del veleno e aspettarsi che muoia qualcun'altro".

La rabbia è una delle emozioni primarie di cui siamo dotati per affrontare il mondo che ci circonda.
Ma spesso tendiamo a considerarla come un’emozione negativa da reprimere e soffocare, inopportuna, pericolosa e associata all'aggressività.
In realtà identificarla, capirla e imparare a utilizzarla al meglio è una delle cose fondamentali per star bene con sè stessi e gli altri.

Di seguito ho elencato 5 caratteristiche della rabbia, per conoscere meglio questa emozione e a trovare soluzioni più efficaci per gestirla.

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'Il vecchio professore' di Wislawa Szymborska

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M. C. Escher, "Mani che si disegnano" (1948)
Gli ho chiesto di quei tempi,
quando ancora eravamo così giovani,
ingenui, impetuosi, sciocchi, sprovveduti.

È rimasto qualcosa, tranne la giovinezza
-mi ha risposto.


Gli ho chiesto se sa ancora di sicuro
cosa è bene e male per il genere umano.

È la più mortifera di tutte le illusioni
-mi ha risposto.


Gli ho chiesto del futuro,
se ancora lo vede luminoso.

Ho letto troppi libri di storia
-mi ha risposto.


Gli ho chiesto della foto,
quella in cornice sulla scrivania.

Erano, sono stati. Fratello, cugino, cognata,
moglie, figlioletta sulle sue ginocchia,
gatto in braccio alla figlioletta,
e il ciliegio in fiore, e sopra quel ciliegio
un uccello non identificato in volo
-mi ha risposto.


Gli ho chiesto se gli capita di essere felice.

Lavoro
-mi ha risposto.


Gli ho chiesto degli amici, se ne ha ancora.

Alcuni miei ex assistenti,
la signora Ludmilla, che governa la casa,
qualcuno molto intimo, ma all'estero,
due signore della biblioteca, entrambe sorridenti,
il piccolo Jas che abita di fronte e Marco Aurelio
-mi ha risposto.


Gli ho chiesto della salute e del suo morale.

Mi vietano caffè, vodka e sigarette,
di portare oggetti e ricordi pesanti.
Devo far finta di non aver sentito
-mi ha risposto.


Gli ho chiesto del giardino e della sua panchina.

Quando la sera è tersa, osservo il cielo.
Non finisco mai di stupirmi,
tanti punti di vista ci sono lassù
-mi ha risposto.

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Le leggi delle emozioni

Perchè proviamo ciò che proviamo?

Le ricerche psicologiche di Nico Frijda hanno rivelato che le nostre emozioni seguono alcune regole generali, 12 leggi che ne governerebbero il funzionamento.
Anche se, come per ogni legge che si rispetti, esistono delle eccezioni, mi sembrano delle buone linee guida generali, una mappa sulle nostre esperienze emotive di ogni giorno a cui magari non facciamo tanto caso.
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Dal fumetto "Calvin e Hobbes"

Cosa sappiamo sulle emozioni

Nel mio lavoro mi capita spesso di parlare di emozioni, un po' perchè sono una delle principali dimensioni della vita, un po' perchè sono oggetto e strumento del lavoro psicologico, un po' perchè spesso le persone le conoscono poco o credono di conoscerle o non le riconoscono affatto prima di tutto in sè stesse.

Esaminarle nella propria vita può aiutarci a sviluppare la nostra "intelligenza emotiva", la nostra capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le nostre emozioni e quelle delle persone con cui ci relazioniamo.

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9 falsi miti sulla figura dello psicologo a cui molte persone ancora credono

Anche se la cultura psicologica è sempre più diffusa, sono presenti ancora molti luoghi comuni sulla figura dello psicologo: il medico dei matti, lo "strizzacervelli”, quello che ti psicoanalizza, una persona di buon senso che ti consiglia, ti ascolta senza dire nulla, ti fa sfogare... Ne viene fuori un mix tra il medico, il cartomante, l'amico, l’interprete dei sogni, il guru che dispensa pillole di saggezza a richiesta...

Oggi le persone sono più informate sull'importanza di affrontare le problematiche psicologiche, individuali o di coppia, con l’aiuto di un professionista qualificato.
Chi ha intrapreso un percorso terapeutico e ne è soddisfatto, lo consiglia a chiunque (“Lo dovrebbero fare tutti”); chi ha avuto una brutta esperienza se la prende con tutta la categoria; e ci sono persone per le quali invece chiedere aiuto può essere difficile, per diversi motivi alimentati da paure e preconcetti.
Il risultato è spesso che chi ha bisogno di aiuto non lo chiede, o aspetta molto tempo prima di rivolgersi ad uno specialista quando ormai i problemi psicologici sono diventati cronici e compromettono in modo significativo diversi ambiti della vita quotidiana.

Provo allora a sfatare alcuni dei falsi miti che girano sul mio lavoro, a cui molti ancora credono.

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Escher, "Autoritratto su una sedia"

Lettera a una madre americana (Sigmund Freud)

Nel 1935, il padre della psicoanalisi Sigmund Freud scrisse una lettera di risposta a una madre che lo aveva contattato per sapere se fosse in grado di curare l'omosessualità del figlio.

Nel 1951 questa lettera fu inviata in forma anonima all'"American journal of psychiatry" come gesto di riconoscenza verso Freud per averla aiutata ad accettare l'omosessualità del figlio. In Italia uscì nel 1953 nella "Vita e opere di Sigmund Freud" scritta da Ernest Jones.

La propongo qui in versione integrale, in una mia traduzione, perché credo dia un'immagine di Freud sul tema dell'omosessualità ben diversa da certi sviluppi di psicoanalisi successiva che hanno preso la forma di cosiddette terapie riparative.

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La mia vita (di Oliver Sacks)

Oliver Sacks, 81enne neurologo britannico, è conosciuto in tutto il mondo come autore di numerosi libri in cui ha raccontato la sua esperienza medica con pazienti affetti da danni neurologici.
Citiamo per esempio “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” oppure Risvegli, in cui raccontava di alcuni pazienti affetti da encefalite letargica che brevemente erano usciti dal loro stato catatonico (nel 1990 uscì anche il film omonimo con Robin Williams e Robert De Niro).
Sacks ha recentemente scoperto di avere un tumore in fase terminale e ha scritto una lettera aperta pubblicata sul New York Times. La mia traduzione del testo integrale.
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Starbene: eppure si parla ancora di omofobia

Un mio breve intervento su omosessualità, omofobia e terapie riparative sul settimanale Starbene in edicola.

Sono soddisfatto di aver potuto dare in poco spazio informazioni chiare, semplici e corrette su una rivista così diffusa.

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Perchè le terapie riparative sono inutili (e dannose)

“L’impresa di trasformare un omosessuale in un eterosessuale non offre prospettive di successo molto migliori dell’impresa opposta” (S. Freud, 1920) 

C'è anche il logo di Expo2015 che sponsorizza l'ennesimo convegno ‘in difesa della famiglia tradizionale’ e propone l'idea che l'omosessualità sia una malattia e si possa curare, suscitando il dibattito e lo sdegno della stampa nazionale.

A parte l'imbarazzo per l'arretratezza dell'immagine politica, sociale e culturale che ne viene fuori, a livello internazionale per giunta, direi che, come psicologi, sulle terapie riparative per l’omosessualità non si può tacere e vale spendere qualche parola su cosa sono e come (non) funzionano.

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Buon anno

Capodanno è sempre un momento carico di aspettative, perchè si volta pagina non solo al calendario: si chiude un anno vecchio e uno nuovo si apre alla possibilità di rinnovamento e miglioramento.

Il nuovo anno, in genere, porta entusiasmo, voglia di novità e di fare.
Ma c’è anche chi vive l’arrivo del nuovo anno, carico di ansia e depressione per i sogni non realizzati.

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Fuga dal Natale

Natale, tempo di regali, vetrine luccicanti, alberi e presepi da addobbare, famiglie e bambini felici.
Ma non per tutti è così ...
“Il Natale mi dà solo tristezza”
“Con tutto questo correre per i regali mi sembra solo una festa consumistica”
“A Natale mi sento ancora più solo”
“Vorrei svegliarmi direttamente il 7 gennaio”.

Come aiutare una persona depressa

La depressione è una malattia che si cura, non un semplice stato di tristezza e deve essere trattata come tale: per questo è importante identificarne presto le cause e ricorrere all'aiuto di uno specialista, medico o psicoterapeuta.

La depressione interferisce significativamente sulle relazioni interpersonali: chi è depresso si sente solo e non amato, anche quando è circondato da familiari e amici.
Il depresso desidera l’affetto degli altri, ma allo stesso tempo tende a respingerli, isolandosi o svalutando quello che gli altri fanno per lui.

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Cosa NON dire a una persona depressa

Avere a che fare con una persona depressa non è facile e spesso familiari e amici, pur con buone intenzioni, commettono errori nel tentativo di aiutarla o farla smettere di lamentarsi.

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Quando muore un genitore

"I nostri genitori ci hanno lasciato un mucchio di pietre.
E il coraggio di sollevarle".
(dal film Ricomincia da oggi di Bertrand Tavernier)

I genitori sono persone uniche e speciali, come la relazione che abbiamo con loro.
Sono la nostra più antica relazione con gli altri e con il mondo, quella che ci fonda come persone.
Ci sono da sempre, da prima che nasciamo: sono le prime persone che abbiamo mai incontrato, le radici da cui partire.

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Cosa rimpiange chi sta per morire

Vi siete mai chiesti quale sarebbe il maggior rimpianto se oggi fosse l'ultimo vostro giorno di vita?

Bronnie Ware, un'infermiera australiana delle Cure Palliative domiciliari, ha raccolto per anni le ultime parole e desideri dei malati terminali in un blog, poi diventato un libro.
Il suo compito era quello di assistere a casa le persone nelle loro ultime settimane di vita. Somministrava farmaci per alleviare il dolore e parlava con uomini e donne costretti a fare un bilancio della propria esistenza.

E domandava sempre: c'è qualcosa che rimpiangi?
Ne sono emersi i 5 più grandi rimpianti di chi è in punto di morte.

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Lo strano caso della vibrazione fantasma

"Aspetta che mi è vibra il cellulare! Ah no, me lo sarò sognato ...".
Perché a volte sembra che il cellulare suoni o ci vibri in tasca e non è vero?
Oppure quante volte capita che sembra di sentire la suoneria del proprio telefonino, ma in realtà non squillava?


Stagioni

Un uomo aveva 4 figli. Voleva imparassero a non giudicare le cose troppo velocemente, così li mandò uno alla volta a osservare un albero molto distante da casa.
Il più grande andò in inverno, il secondo in primavera, il terzo in estate, il più giovane in autunno.
Quando tutti furono tornati, chiese loro cosa avevano visto.


Perché uno psicologo non dà consigli

"I migliori insegnanti sono quelli che ti mostrano dove guardare, ma non ti dicono cosa vedere".
Alexandra Trenfor

"Dottore, cosa devo fare?"
"Cosa mi consiglia?"
"Lei che ne pensa?"

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Tempo di vacanze

Ah l'estate...
Tempo di vacanze: al mare, in montagna, in città o a casa propria.
Tempo di "staccare" dal pilota automatico.

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Come trasformare l'invidia

L'erba del vicino è sempre più verde.
Così dice un proverbio popolare che testimonia quanto sia comune il sentimento dell'invidia.
Ma cos'è l'invidia? E come possiamo farne buon uso?

Il palloncino della felicità

"Una volta un gruppo di 30 persone stava aspettando un seminario. Prima di cominciare il relatore diede ad ogni persona un palloncino. Ad ognuno chiese di scrivere il proprio nome su di esso usando un pennarello. Poi tutti i palloncini furono raccolti e messi in un'altra stanza.

Alla riscoperta degli abbracci perduti

Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato quanto sono importanti abbracci, baci e carezze per l'essere umano.
È stato provato che il bisogno emotivo di affetto, di essere toccati, è una necessità fondamentale per la nostra esistenza. La sua assenza può provocare insicurezze, ansia e problemi psicologici sia da bambini sia nelle altre fasi della vita.

Il puzzle dell'identità sessuale (e un omino di marzapane)

La notizia è che d'ora in poi anche in Italia, si può impostare sul proprio profilo Facebook la propria identità di genere scegliendo fra più opzioni, non solo più semplicemente "uomo" o "donna".

Ciascuno di noi è una moltitudine. Ciascuno di noi si distingue per età, genere, origine etnica, orientamento sessuale, fede religiosa e tanti altri aspetti, alcuni provvisori, altri più stabili.
E nessuno di questi ci può riassumere completamente perchè la nostra identità è multicomponenziale.

Non fa eccezione l'identità sessuale che descrive il proprio essere sessuati ed è il risultato di una complessa interazione di aspetti biologici, psicologici, sociali e culturali.
Dal punto di vista psicologico le componenti dell'identità sessuale sono 4: sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale.

Visto che nel senso comune e nelle teorie semplicistiche sono termini e concetti che spesso vengono confusi, proviamo a chiarirli un po', anche con l'aiuto di un omino di marzapane del "genere" (gender-bread), trovato in rete, che mi sembra graficamente azzeccato.

Adolescenti e omosessualità

E' l'adolescenza il periodo in cui la maggior parte delle persone diventa consapevole del proprio orientamento sessuale e affettivo (eterosessuale, bisessuale o omosessuale).
Cosa significa per un adolescente sentire di essere attratto affettivamente e/o sessualmente verso persone dello stesso sesso? Come può affrontare la domanda fondamentale dell'adolescenza ("Chi sono io?") in un contesto relazionale, sociale e culturale più o meno omofobico?
Gli adolescenti glbt, con i loro bisogni e angosce, devono affrontare specifiche sfide psicosociali che possono ostacolare oppure favorire un'esperienza di sè come persone gay, lesbiche, bisessuali e trans.

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Gli effetti dell'omofobia

Abbiamo visto come si manifestano le diverse forme dell'omofobia, dal singolo individuo al livello relazionale, fino al più ampio contesto istituzionale e socioculturale.

In questo panorama proviamo ora ad approfondire quali sono gli effetti psicosociali del pregiudizio omofobico sia direttamente sulle persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, sia su quelle eterosessuali.

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I volti dell'omofobia

Dopo aver esaminato il concetto e termine di omofobia, ora vediamo quali sono le forme in cui si può esprimere.

Se consideriamo l'omofobia come un continuum multidimensionale, che comprende cioè le credenze, gli atteggiamenti e i comportamenti individuali ma anche le pratiche sociali e le rappresentazioni culturali rispetto all'omosessualità, possiamo analizzarla in 4 forme principali in continua interazione tra loro: intraindividuale, relazionale, istituzionale e culturale.

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Omofobia

Dopo la derubricazione dell'omosessualità come malattia, il DSM-III (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) del 1974 rimaneva come disturbo psichiatrico la nuova categoria dell'"omosessualità egodistonica", cioè solo la sofferenza rispetto al proprio orientamento sessuale.
Questa categoria clinica è stata poi rimossa nel 1987, quando si comprese che l'egodistonia può far parte del percorso di una persona omosessuale in un contesto stigmatizzante, omonegativo (ed è su questo residuo del paradigma patologico ormai superato che si basano le cosiddette terapie riparative o di conversione).

Le discipline psicologiche hanno cambiato quindi da tempo il loro oggetto d'interesse in questo campo: non ci si chiede più chi sono le persone omosessuali, in cosa si distinguono dagli eterosessuali, la causa del loro diverso orientamento sessuale, quanto invece perchè l'orientamento omosessuale è stigmatizzato, quali sono i meccanismi e le funzioni psicosociali del pregiudizio omofobico, com'è possibile intervenire per contrastare gli stereotipi e prevenire le discriminazioni.

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Lutto: come andare avanti?

La morte e la fine di un legame caro è un cambiamento importante e doloroso della vita, perchè si deve accettare la realtà che qualcuno di importante non è più con noi.

Si può sentire il bisogno di aggrapparsi a qualche traccia di familiarità, come mantenere (per quanto possibile) i ritmi normali di ogni giorno, la routine precedente la morte.
Scendere dal letto la mattina, andare al lavoro, occuparsi dei bambini o della casa, portare a spasso il cane, mantenere hobby o sport fanno parte del processo di elaborazione del lutto.

Schemi e abitudini quotidiane possono sostenere come impalcature (per non crollare), ma possono anche presentare delle insidie.
Come si fa a capire quando le attività iniziano a diventare iperattività? Come si può distinguere tra l'essere occupati in modo salutare e il distrarsi in modo dannoso?

Elogio della gratitudine (e 3 modi per praticarla)

Siamo spesso preoccupati per quello che non abbiamo o per le cose che non sono accadute e, di conseguenza, raramente ci rendiamo conto di ciò che invece abbiamo.
Ci sono sempre molte cose per cui essere riconoscenti, anche se troppo spesso tendiamo a non ricordarlo. Dimenticando il legame che esiste tra la nostra insoddisfazione e la gratitudine, o meglio, la sua assenza. 

"Voglio sapere" (poesia indiana)

Mi sono imbattuto in questa poesia della tribù indiana degli Oriah del 1890.
Mi fa piacere condividerla perchè l'ho trovata molto suggestiva e intensa anche dal punto di vista psicologico.

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"Non mi interessa cosa fai per vivere,
voglio sapere per cosa sospiri,
e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore. 
Non mi interessa quanti anni hai,
voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l'amore,
per i sogni,
per l'avventura di essere vivo. 
Non voglio sapere quali pianeti minacciano la tua luna,
voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita,
o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro. 
Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo,
se puoi ballare pazzamente e lasciare l'estasi riempirti fino alla punta delle dita,
senza cautela, senza realismo e senza pensare alle limitazioni degli esseri umani. 
Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera,
voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso,
se puoi subire l'accusa di un tradimento e non tradire la tua anima. 
Voglio sapere se sei fedele e quindi di fiducia. 
Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni,
se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza. 
Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, il tuo o il mio,
e continuare a gridare all'argento di una luna piena. 
Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,
mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due,
e fare quel che si deve fare per i bambini. 
Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare fin qui,
voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco senza retrocedere. 
Non voglio sapere cosa hai studiato, con chi o dove,
voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l'ha fatto. 
Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso,
e se veramente ti piace la compagnia che hai in quei momenti vuoti".

Cosa ne pensi? Ti è piaciuta?
A me ha colpito molto, tra gli altri, il punto in cui recita "voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l'ha fatto".
E a te quale passaggio ha colpito di più?

Se ti è piaciuto questo post e vuoi essere sempre aggiornato su argomenti che esplorano il benessere psicologico ed emotivo, puoi seguirmi sulla mia Pagina Facebook oppure scrivermi una email a pierluigi.gallucci@gmail.com

Quando muore un animale domestico

gallucci psicologo torino

In memoria di Mirta (1999-2014)

Quando si perde un animale domestico (cani, gatti, roditori, uccelli, pesci ...), il dolore è una risposta normale e fisiologica al lutto.

Molto spesso l'animale è considerato un amico, un compagno, un membro della famiglia, e la sua morte è intensamente dolorosa, soprattutto se rappresentava la principale fonte di compagnia.

In un recente studio americano sulle principali cause di depressione, gli intervistati hanno indicato, tra le prime 5 posizioni, la perdita del proprio animale. Questo rende bene l’idea dell’impatto emotivo che può avere questo evento.

Fare i conti con la rabbia nel lutto

Molti si aspettano di provare solo tristezza quando muore qualcuno, ma forse non si aspettano di sentirsi arrabbiati.
La rabbia tuttavia è una normale componente del processo del lutto, una fase che bisogna attraversare per elaborare la perdita.

Eppure, sentire

Mi piace il verbo sentire.
Sentire il rumore del mare, sentirne l'odore.
Sentire il suono della pioggia che ti bagna le labbra, sentire una penna che traccia sentimenti su un foglio bianco.
Sentire l'odore di chi ami, sentirne la voce e sentirlo col cuore.
Sentire è il verbo delle emozioni, ci si sdraia sulla schiena del mondo e si sente...
(Alda Merini)

Lutto: il primo impatto con la morte

"E' come se avessi inserito il pilota automatico. Mi sono chiuso in me stesso, come in una bolla, come se le mie emozioni fossero congelate". (Paolo, un paziente)

Come ho scritto in altri post, quando qualcuno ci lascia, possiamo reagire in modi diversi.

Cosa (e dove) stai cercando? La storia del tesoro sepolto

Dedicato a tutti coloro che sognano e desiderano, che si immergono nelle domande e cercano risposte.

C’era una volta, nella città di Cracovia, un vecchietto pio e altruista che si chiamava Izy. Per diverse notti di seguito, Izy sognò di andare a Praga e di arrivare fino ad un ponte sopra un fiume. Sognò che sulla riva del fiume, sotto al ponte, c’era un grande albero frondoso. E sognò di scavare una buca accanto all'albero e di trovare un tesoro che gli avrebbe portato il benessere e la tranquillità per tutta la vita.

Esprimere le emozioni nel lutto

gallucci psicologo torino

La parola lutto generalmente si associa alla morte di una persona cara.

Ma altre perdite (come la fine di una storia d'amore, la perdita del lavoro, un trauma o la perdita di una qualsiasi forma di relazione con qualcuno o qualcosa) possono causare emozioni simili a quelle che si provano per la morte di qualcuno.
Puoi sentirti "in lutto" anche se non è morto nessuno.

Come comunicare meglio on line (ed evitare di arrabbiarsi inutilmente)

Sempre più, volenti o nolenti, utilizzano quotidianamente strumenti di comunicazione on line, siamo (iper?)connessi con la rete, per studio, lavoro, nella vita privata.
Chiunque di noi ha esperienza di forum, e-mail, sms, chat o social network di qualche tipo.
Quanto spesso ci accade che discussioni che iniziano tranquille e innocue si trasformino in veri e propri litigi (in gergo flame)? Perchè succede?

Perché l’amore è cieco?

Dopo il post sugli ingredienti che rendono viva una relazione d'amore, condivido per San Valentino una storiella letta di recente sull'amore (cieco) e la follia che gioca a nascondino ...

gallucci psicologo torino

Si racconta che un giorno si riunirono in un luogo della terra tutti i sentimenti e le qualità degli uomini. Quando la noia si fu presentata per la terza volta, la follia, come sempre un po’ folle, propose: “Giochiamo a nascondino!”.

I lati dell'amore. Il triangolo di Sternberg

Ci sono uomini/donne con cui è piacevole intrattenere conversazione.
Altre persone con cui è bello condividere un film o un concerto. O una vita intera.
Altri ancora con cui scatta solo il desiderio di passarci una notte insieme.

Sono diverse forme dell'amore, tema da sempre al centro dell'attenzione e della riflessione dell'uomo, anche dal punto di vista psicologico.
Lo psicologo statunitense Robert Sternberg, in particolare, ha elaborato un’interessante teoria su quali sono le 3 componenti essenziali e le possibili configurazioni di questo sentimento.

L'importanza di affrontare le difficoltà: la storia della farfalla

Le difficoltà fanno parte della vita.
Dirlo è un ovvietà su cui si è cimentata anche la filosofia, ed è un principio universale presente anche in natura (ad esempio i diamanti si formano sotto la pressione della Terra, e animali e piante sopravvivono adattandosi alle difficoltà dell'ambiente in cui vivono), a cui l'uomo non può sottrarsi.

A volte desideriamo solo una vita senza problemi, raggiungere i nostri obiettivi senza troppa fatica, vorremmo una vita perfetta, dove tutto fila liscio.
Problemi ed ostacoli non vanno certo cercati apposta, ma cercare di sfuggire loro è un'illusione.

Soprattutto quando ci si trova ad affrontare un periodo difficile, quando ogni sforzo sembra inutile, rifletto sulla storia della farfalla.

Conoscersi con la finestra di Johary

Ognuno ha un’immagine di sè reale o costruita, ideale, nota o nascosta: ciò che comunichiamo agli altri e al mondo esterno è quello che desideriamo, ma ci può essere anche un livello inconsapevole.
Quante volte capita di sentirsi persone simpatiche mentre gli altri invece ti percepiscono invadente? Oppure gli altri ti vedono indeciso e insicuro mentre ti consideri magari solo discreto?
Insomma, cosa e quanto arriva di noi nella relazione con gli altri?
E cosa vedono gli altri che noi non vediamo?

Come trasformare le proprie ferite

Avete presente quando ci imbattiamo per caso in due cose diverse, ma che ci comunicano, come per coincidenza, un messaggio simile?
E' quello che mi successo con un aforisma che ho letto e un'immagine che mi è capitata sotto agli occhi.

Come mantenere i buoni propositi per l'anno nuovo

gallucci psicologo torino

C'è chi vorrebbe dimagrire, chi smettere di fumare, chi trovare l'amore, chi iniziare ad andare in palestra, chi trovare o cambiare lavoro ...
Con l’inizio dell'anno nuovo e la voglia di cambiamento che porta con sè, è consuetudine fare una lista dei cosiddetti "buoni propositi".
Il momento in cui finisce l'anno vecchio e ne inizia uno nuovo è sempre occasione di riflessioni e di bilanci su cosa si è fatto, cosa si potrebbe migliorare, quali sono gli obiettivi futuri.

Sopravvivere al Natale

gallucci psicologo torino


Chi ha detto che il Natale debba essere felice per tutti? Per alcune persone, le feste che dovrebbero essere momenti di gioia, si trasformano in momenti stressanti, possono suscitare vissuti depressivi e ansiosi, specie il Natale.
Stanchezza, senso di malessere, ansia, perdita di interesse, senso di colpa e insonnia sono alcune delle sensazioni di disagio che si possono presentare prima, durante e dopo il periodo natalizio.

Come ascoltare

gallucci psicologo torino

"Quando ti chiedo di ascoltarmi
e tu cominci a darmi consigli,
non hai fatto ciò che ti ho chiesto.

Quando ti chiedo di ascoltarmi
e tu inizi a dirmi perché non dovrei sentirmi in quel modo,
stai calpestando i miei sentimenti.

Quando ti chiedo di ascoltarmi
e tu senti che devi fare qualcosa per risolvere il mio problema,
tu mi hai ingannato per quanto strano possa sembrare.

Quando tu fai qualcosa per me
che io posso e ho bisogno di fare per me stessa,
tu contribuisci alla mia paura e alla mia debolezza.

E allora ti prego di ascoltarmi
e di non fare altro che starmi a sentire.
E se vuoi parlare,
aspetta un minuto che giunga il tuo turno e io ti ascolto".

(Irene Whitehill)



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Adolescenza e omosessualità

gallucci psicologo torino
Coraggio è essere te stesso ogni giorno in un mondo che ti dice di essere qualcun'altro.

L’adolescenza è il periodo della vita che sta tra l’infanzia e la vita adulta, tra il "non essere più" e il "non essere ancora".
L’adolescenza è per definizione il tempo dei cambiamenti e dei debutti su svariati fronti, che coinvolgono il giovane in prima persona, ma anche la famiglia, le amicizie, la scuola.